venerdì 30 luglio 2010

SPAGHETTI AL SUONO DI ANTONELLA CARLO

Vi presentiamo il simpatico racconto "Spaghetti al suono" di Antonella Carlo tratto dal libro "Racconti alla carbonara" HOMO SCRIVENS.
“ Siamo come voi. Attorcigliati. Arrotolati in un gomitolo dorato. Fragili. Non abbiamo senso da soli, ma insieme agli altri. Siamo come voi. Mistura di diversi componenti, cresciamo e siamo al sole ed all’aria, stremati dal caldo e battuti dal vento, per fare essiccare le lacrime, le scorie superflue, tutto ciò che potrebbe intaccare la nostra perfezione. E poi ci lanciamo nella strada e viaggiamo in ogni angolo del mondo, alti e sottili, sperando che qualcuno ci scelga. Finalmente.
Siamo come voi. Ci immergiamo nell’acqua bollente, ma non sappiamo resistere alla temperatura: e allora ci ripieghiamo, ci abbattiamo e, anche per un insignificante minuto, rischiamo di perderci, per sempre.
Siamo come voi. Vogliamo il sale della vita, ma quando è troppo o ci stufiamo o diamo fastidio agli altri. Ed allora desideriamo nuovi sapori che ci possano completare, coronare, dare un senso.
Siamo come voi. Ci abbarchiamo ad un sostegno, cerchiamo un punto di appiglio, per non scivolare.
Siamo come voi. Belli, orgogliosi, colorati, perfetti, leggeri. Attendiamo che qualcuno ci mangi o ci divori, eppure non conosciamo mai il volto del nostro carnefice”.
Pensavo così, una sera d’autunno, in un ristorante affollato. Ed ero di fronte ai miei fumanti spaghetti al sugo, che un giovane maître mi aveva portato al tavolo con un sorriso radioso.
Pensavo così, mentre rigiravo la forchetta in quella marea morbida e profumata.
Quando, all’ improvviso, una vocina sottile sottile mi ha apostrofato: “Cosa credi tu? Che siamo soltanto tristi ed insoddisfatti fili di pasta ? Noi, proprio come voi, sappiamo suonare, cantare,ballare”.
A queste parole, il mio piatto ha iniziato a muoversi con forza sempre crescente e gli spaghetti sono saltati in aria, raggomitolandosi e confondendosi, tanto da formare una chitarra gialla. Si sentiva una musica travolgente, forse un tango di Piazzola, eppure nessuno, tranne me, sembrava accorgersene.
Gli spaghetti volavano sui tavoli, danzavano appoggiandosi ai lampadari, si poggiavano sulle teste dei clienti, cercando di strappare parrucche e cerchietti. Io me la ridevo, mentre le mie gambe seguivano il ritmo incalzante del tango.
Eppure è bastato poco perché l’incanto finisse: il maître si è avvicinato per portarmi il vino e subito gli spaghetti si sono lanciati nel piatto, in ordine impeccabile.
 Da quella sera, amici miei, qualcosa è cambiato e, quando mangio la pasta al sugo, non meravigliatevi che io sorrida. Sento una musica straordinaria, che voi non riuscite a percepire: un tango di Piazzola, credo.

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